Spesso mi chiedono che lavoro faccio. Mi piace pensare che se il medico salva la vita alle persone grazie alla sua professione, noi proviamo a salvare la vita da un altro punto di vista, quello motivazionale, quello che ti tiene in vita, ci prendiamo il rischio di curare la loro anima e insegnare loro a camminare con le proprie idee. Quando parlo di vita, parlo della vita di tutti i ragazzi con disabilità che abbiamo avuto e che continuiamo ad avere nel nostro ufficio grazie all’inserimento lavorativo, ufficio che ormai ha assunto la funzione di casa famiglia e che a noi piace di più come accezione. Cerchiamo di creare su di loro un’identità forte e chiara, un vestito su misura che possa aumentare la propria autostima e il proprio bagaglio di conoscenze soprattutto di vita quotidiana. Con la stessa passione di uno stilista ci armiamo di pazienza e con ago e filo e con tanta creatività cuciamo e scuciamo percorsi di crescita più affini alle loro personalità considerando in primo luogo le diverse patologie invalidanti, facendone un punto di partenza e di forza per mettersi in gioco e per mettere in campo le proprie potenzialità. Quello che mi piace sottolineare è che non si tratta qui di parlare di disabilità, perché a nostro parere noi facciamo molto di più. Lavoriamo sul tessuto umano, un tessuto pregiato composto da più relazioni umane che compongono l’umanità intesa come qualità e come sentimento filantropico. Insegniamo senso civico in primis a noi stessi e poi ai nostri ragazzi, quel senso civico che contraddistingue una buona società da una pessima società, e che pone le basi per un domani migliore. Avere senso civico, in un mondo come oggi, significa essere rivoluzionari in un certo senso, avere coscienza che l’individuo ha dei propri doveri e quindi delle proprie responsabilità nei confronti della comunità, comunità nel suo concetto più alto, un tale senso di appartenenza al fine di creare un’identità condivisa. Insegniamo la solidarietà, perché non sono molto convinto che il nostro sia un popolo solidale come molti vogliono far pensare. Al contrario credo che il nostro sia un popolo fondamentalmente egoista che trova nell’individualità il miglior atteggiamento da interpretare e che fa del bene comune il proprio interesse. Insegniamo umanità. Io credo che non ci sia umanità senza un insieme di persone che hanno il coraggio di mettersi in discussione per un singolo individuo, e non si tratta di prendersi delle responsabilità si tratta di avere del buon senso, una visione della vita lungimirante che abbia come forza propulsiva l’uguaglianza e la conoscenza. Il tempo passa, la natura si riprende quello che ha perso e l’uomo pensa al suo futuro con un tocco di mano virtuale, interfacciandosi con uno schermo e stringendosi la mano da solo. Ai miei ragazzi dico che non si può avere paura di vivere se non ha si ha la chiara consapevolezza di quanto sia bello esserci in prima persona ed essere padroni di noi stessi al di là delle differenze che la natura ci ha imposto; non siamo tutti uguali ma siamo tutti umani, e allora ecco che se non lavoriamo sul tessuto umano, sulle persone, il mondo ci sembrerà sempre più piccolo e sempre più buio. La vita mi è troppo breve per vedere cosa accadrà tra milioni di anni ma io non smetterò mai di credere che nella vita la differenza la fanno sempre le persone, perché se è vero che la tecnologia aiuta in modo decisivo la qualità della vita dell’uomo è altrettanto vero che senza la fantasia, l’idea, la genialità e soprattutto il buon senso, l’uomo, e con lui l’umanità, non ha ragione di esistere.