L. 26 marzo 2001, n. 128; articoli d’interesse: art 17 comma 2. – Viabilità – Mobilità – Trasporti

Legge Nazionale

Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini.

L. 26 marzo 2001, n. 128; articoli d’interesse: art 17 comma 2

Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini. (G. U. n. 91 del 19-04-2001)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga

la seguente legge:

Art. 1.

1. Dopo il secondo comma dell’articolo 168 del codice penale e’
aggiunto il seguente:
“La sospensione condizionale della pena e’ altresi’ revocata
quando e’ stata concessa in violazione dell’articolo 164, quarto
comma, in presenza di cause ostative. La revoca e’ disposta anche se
la sospensione e’ stata concessa ai sensi del comma 3 dell’articolo
444 del codice di procedura penale”.
2. Dopo il comma 1 dell’articolo 674 del codice di procedura
penale e’ aggiunto il seguente:
“1-bis. Il giudice dell’esecuzione provvede altresi’ alla revoca
della sospensione condizionale della pena quando rileva l’esistenza
delle condizioni di cui al terzo comma dell’articolo 168 del codice
penale”.

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’art. 10 commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092,
al solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di
legge modificate o alle quali e’ operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l’efficacia degli atti legisiativi
qui trascritti.
Note all’art. 1:
– Si riporta il testo dell’art. 164, comma 4, del
codice penale:
“4. La sospensione condizionale della pena non puo’
essere concessa piu’ di una volta. Tuttavia il giudice
nell’infliggere una nuova condanna, puo’ disporre la
sospensione condizionale qualora la pena da infliggere,
cumulata con quella irrogata con la precedente condanna
anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall’art.
163”.
– Si riporta il testo dell’art. 444, comma 3, del
codice di procedurta penale:
“3. La parte, nel formulare la richiesta, puo’
subordinarne l’efficacia alla concessione della sospensione
condizionale della pena. In questo caso il giudice, se
ritiene che la sospensione condizionale non puo’ essere
concessa, rigetta la richiesta”.
– Si riporta il testo dell’art. 674 del codice di
procedura penale come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 674 (Revoca di altri provvedimenti). – 1. La
revoca della sospensione condizionale della pena della
grazia o dell’amnistia o dell’indulto condizionati e della
non menzione della condanna nel certificato del casellario
giudiziale e’ disposta dal giudice dell’esecuzione, qualora
non sia stata disposta con la sentenza di condanna per
altro reato.
1-bis. Il giudice dell’esecuzione provvede altresi’
alla revoca della sospensione condizionale della pena
quando rileva l’esistenza delle condizioni di cui al comma
3 dell’art. 168 del codice penale”.

Art. 2.

1. Al primo comma dell’articolo 624 del codice penale, le parole
da: “reclusione” fino alla fine del comma sono sostituite dalle
seguenti: “reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire
trecentomila a un milione”.
2. Dopo l’articolo 624 del codice penale e’ inserito il seguente:
“Art. 624-bis. – (Furto in abitazione e furto con strappo). –
Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi
la detiene, al fine di trarne profitto per se’ o per altri, mediante
introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in
parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, e’ punito con la
reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire seicentomila a
due milioni.
Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa
della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di
trarne profitto per se’ o per altri, strappandola di mano o di dosso
alla persona.
La pena e’ della reclusione da tre a dieci anni e della multa da
lire quattrocentomila a tre milioni se il reato e’ aggravato da una o
piu’ delle circostanze previste nel primo comma dell’articolo 625
ovvero se ricorre una o piu’ delle circostanze indicate all’articolo
61”.
3. Al primo comma dell’articolo 625 del codice penale sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) nell’alinea, dopo le parole: “la pena” sono inserite le
seguenti: “per il fatto previsto dall’articolo 624”;
b) il numero 1) e’ soppresso;
c) al numero 4), le parole: “, ovvero strappando la cosa di
mano o di dosso alla persona” sono soppresse.
4. Dopo l’articolo 625 del codice penale e’ inserito il seguente:
“Art. 625-bis. (Circostanze attenuanti) – Nei casi previsti dagli
articoli 624, 624-bis e 625 la pena e’ diminuita da un terzo alla
meta’ qualora il colpevole, prima del giudizio, abbia consentito
l’individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato,
ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi
per farla acquistare, ricevere od occultare”.

Note all’art. 2:
– Si riporta il testo dell’art. 624 del codice penale,
come modificato dalla legge qui pubblicata:
“Art. 624 (Furto). – Chiunque si impossessa della cosa
mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di
trarne profitto per se’ o per altri, e’ punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire
trecentomila ad un milione.
Agli effetti della legge penale, si considera “cosa
mobile” anche l’energia elettrica e ogni altra energia che
abbia valore economico.
Il delitto e’ punibile a querela della persona offesa,
salvo che ricorra una o piu’ delle circostanze di cui agli
articoli 61, n. 7, e 625″.
– Si riporta il testo dell’art. 625 del codice penale,
come modificato dalla legge qui pubblicata:
“Art. 625 (Circostanze aggravanti). – La pena per il
fatto previsto dall’art. 624 e’ della reclusione da uno a
sei anni e della multa da lire duecentomila a due milioni:
1) (Soppresso).
2) se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale
di un qualsiasi mezzo fraudolento;
3) se il colpevole porta indosso armi o narcotici,
senza farne uso;
4) se il fatto e’ commesso con destrezza;
5) se il fatto e’ commesso da tre o piu’ persone,
ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la
qualita’ di pubblico ufficiale o d’incaricato di un
pubblico servizio;
6) se il fatto e’ commesso sul bagaglio dei
viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni,
negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi
ove si somministrano cibi o bevande;
7) se il fatto e’ commesso su cose esistenti in
uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o
a pignoramento, o esposte per necessita’ o per consuetudine
o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a
pubblico servizio o a pubblica utilita’, difesa o
reverenza;
8) se il fatto e’ commesso su tre o piu’ capi di
bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali
bovini o equini, anche non raccolti in mandria.
Se concorrono due o piu’ delle circostanze prevedute
dai numeri precedenti. ovvero se una di tali circostanze
concorre con altra fra quelle indicate nell’art. 61, la
pena e’ della reclusione da tre a dieci anni e della multa
da lire quattrocentomila a tre milioni”.
– Per il testo dell’art. 61 del codice penale vedi note
all’art. 10.
– Per il testo degli articoli 624, 624-bis e 625 del
codice penale, vedi note all’art. 2.

Art. 3.

1. Il comma 2 dell’articolo 148 del codice di procedura penale e’
sostituito dal seguente:
“2. Nei procedimenti con detenuti e negli altri casi di assoluta
urgenza, il giudice puo’ disporre che le notificazioni siano eseguite
dalla polizia giudiziaria, con l’osservanza delle norme del presente
titolo”.

Nota all’art. 3:
– Si riporta il testo dell’art. 148 del codice di
procedura penale, come modificato della legge qui
pubblicata:
“Art. 148 (Organi e forme delle notificazioni). – 1. Le
notificazioni degli atti, salvo che la legge disponga
altrimenti, sono eseguite dall’ufficiale giudiziario o da
chi ne esercita le funzioni.
“2. Nei procedimenti con detenuti e negli altri casi di
assoluta urgenza, il giudice puo’ disporre che le
notificazioni siano eseguite dalla polizia giudiziaria, con
l’osservanza delle norme del presente titolo”.
3. L’atto e’ notificato per intero, salvo che la legge
disponga altrimenti.
4. La consegna di copia dell’atto all’interessato da
parte della cancelleria ha valore di notificazione. Il
pubblico ufficiale addetto annota sull’originale dell’atto
la eseguita consegna e la data in cui questa e’ avvenuta.
5. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e
gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli
interessati in loro presenza sostituiscono le
notificazioni, purche’ ne sia fatta menzione nel verbale”.

Art. 4.

1. Al comma 1 dell’articolo 278 del codice di procedura penale,
dopo le parole: “fatta eccezione” sono inserite le seguenti: “della
circostanza aggravante prevista al numero 5) dell’articolo 61 del
codice penale e”.

Note all’art. 4:
– Si riporta il testo dell’art. 278 del codice
procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 278 (Determinazione della pena agli effetti
dell’applicazione delle misure). – 1. Agli effetti
dell’applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena
stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o
tentato. Non si tiene conto della continuazione della
recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione
della circostanza aggravante prevista al numero 5)
dell’art. 61 del codice penale e della circostanza
attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale
nonche’ delle circostanze [aggravanti] per le quali la
legge stabilisce una pena di specie diversa da quella
ordinaria del reato e di quelle a effetto speciale.
(Omissis).”.
– Per il testo dell’art. 61 del codice penale vedi note
all’art. 10.

Art. 5.

1. Il comma 5-bis dell’articolo 284 del codice di procedura penale
e’ sostituito dal seguente:
“5-bis. Non possono essere, comunque, concessi gli arresti
domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei
cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede. A tale fine
il giudice assume nelle forme piu’ rapide le relative notizie”.

Nota all’art. 5:
– Si riporta il testo dell’art. 284 del codice di
procedura penale, come modificato della legge qui
pubblicata:
“Art. 284 (Arresti domiciliari). – 1. Con il
provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il
giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi dalla
propria abitazione o da altro luogo di privata dimora
ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza.
2. Quando e’ necessario, il giudice impone limiti o
divieti alla facolta’ dell’imputato di comunicare con
persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo
assistono.
3. Se l’imputato non puo’ altrimenti provvedere alle
sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in
situazione di assoluta indigenza, il giudice puo’
autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal
luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per
provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una
attivita’ lavorativa.
4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria,
anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni
momento l’osservanza delle prescrizioni imposte
all’imputato.
5. L’imputato agli arresti domiciliari si considera in
stato di custodia cautelare.
5-bis. Non possono essere, comunque, concessi gli
arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato
di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il
quale si procede. A tale fine il giudice assume nelle forme
piu’ rapide le relative notizie.”.

Art. 6.

1. Al comma 1 dell’articolo 437 del codice di procedura penale,
sono aggiunte, in fine, le parole: “solamente per i motivi indicati
all’articolo 606, comma 1, lettere b), d) ed e)”.
2. All’articolo 610 del codice di procedura penale sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 e’ sostituito dai seguenti:
“1. Il presidente della corte di cassazione, se rileva una causa
di inammissibilita’ dei ricorsi, li assegna ad apposita sezione. Il
presidente della sezione fissa la data per la decisione in camera di
consiglio. La cancelleria da’ comunicazione del deposito degli atti e
della data dell’udienza al procuratore generale ed ai difensori nel
termine di cui al comma 5. L’avviso contiene l’enunciazione della
causa di inammissibilita’ rilevata. Si applica il comma 1
dell’articolo 611. Ove non venga dichiarata l’inammissibilita’, gli
atti sono rimessi al presidente della corte.
1-bis. Il presidente della corte di cassazione provvede
all’assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri
stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario”;
b) il comma 4 e’ abrogato;
c) al comma 5, il secondo periodo e’ soppresso.
3. Il comma 2 dell’articolo 611 del codice di procedura penale e’
abrogato.
4. Dopo l’articolo 169 delle norme di attuazione, di coordinamento
e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e’ inserito il seguente:
“Art. 169-bis. (Sezione della corte di cassazione per l’esame
dell’inammissibilita’ dei ricorsi). – 1. La sezione di cui al comma 1
dell’articolo 610 del codice e’ predeterminata con rotazione biennale
dal provvedimento tabellare riguardante la corte di cassazione”.
5. Dopo l’articolo 624 del codice di procedura penale e’ inserito
il seguente:
“Art. 624-bis. (Cessazione delle misure cautelari). – 1. La corte
di cassazione, nel caso di annullamento della sentenza d’appello,
dispone la cessazione delle misure cautelari”.
6. Dopo l’articolo 625 del codice di procedura penale e’ inserito
il seguente:
“Art. 625-bis. – (Ricorso straordinario per errore materiale o di
fatto). – 1. E’ ammessa, a favore del condannato, la richiesta per la
correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei
provvedimenti pronunciati dalla corte di cassazione.
2. La richiesta e’ proposta dal procuratore generale o dal
condannato, con ricorso presentato alla corte di cassazione entro
centottanta giorni dal deposito del provvedimento. La presentazione
del ricorso non sospende gli effetti del provvedimento, ma, nei casi
di eccezionale gravita’, la corte provvede, con ordinanza, alla
sospensione.
3. L’errore materiale di cui al comma 1 puo’ essere rilevato dalla
corte di cassazione, d’ufficio, in ogni momento.
4. Quando la richiesta e’ proposta fuori dell’ipotesi prevista al
comma 1 o, quando essa riguardi la correzione di un errore di fatto,
fuori del termine previsto al comma 2, ovvero risulta manifestamente
infondata, la corte, anche d’ufficio, ne dichiara con ordinanza
l’inammissibilita’; altrimenti procede in camera di consiglio, a
norma dell’articolo 127 e, se accoglie la richiesta, adotta i
provvedimenti necessari per correggere l’errore”.

Note all’art. 6:
– Si riporta il testo dell’art. 437 del codice di
procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 437 (Ricorso per cassazione). – 1. Contro
l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la
richiesta di revoca, il pubblico ministero puo’ proporre
ricorso per cassazione, solamente per i motivi indicati
all’art. 606, comma 1, lettere b), d) ed e)”.
– Si riporta il testo del comma 1 e dell’art. 606 del
codice di procedura penale:
“1. Il ricorso per cassazione puo’ essere proposto per
i seguenti motivi:
a) esercizio da parte del giudice di una potesta’
riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi
ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge
penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener
conto nell’applicazione della legge penale;
c) inosservanza delle norme processuali stabilite a
pena di nullita’ di inutilizzabilita’, di inammissibilita’
o di decadenza;
d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando
la parte ne ha fatto richiesta a norma dell’art. 495, comma
2;
e) mancanza o manifesta illogicita’ della
motivazione, quando il vizio risulta dal testo del
provvedimento impugnato”.
– Si riporta il testo dell’art. 610 del codice civile
di procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 610 (Atti preliminari). – 1. Il presidente della
Corte di cassazione, se rileva una causa di
inammissibilita’ dei ricorsi, li assegna ad apposita
sezione. Il presidente della sezione fissa la data per la
decisione in camera di consiglio. La cancelleria da’
comunicazione del deposito degli atti e della data
dell’udienza al procuratore generale ed ai difensori nel
termine di cui al comma 5. L’avviso contiene l’enunciazione
della causa di inammissibilita’ rilevata. Si applica il
comma 1 dell’art. 611. Ove non venga dichiarata
l’inammissibilita’, gli atti sono rimessi al presidente
della Corte.
1-bis. Il presidente della Corte di casazione provvede
all’assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i
criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario.
2. Il presidente, su richiesta del procuratore
generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio,
assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni
proposte sono di speciale importanza o quando occorre
dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole
sezioni.
3. Il presidente della Corte, se si tratta delle
sezioni unite, ovvero il presidente della sezione fissa la
data per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o
in camera di consiglio e designa il relatore. Il presidente
dispone altresi’ la riunione dei giudizi nei casi previsti
dall’art. 17 e la separazione dei medesimi quando giovi
alla speditezza della decisione.
4. (Abrogato).
5. Almeno trenta giorni prima della data dell’udienza,
la cancelleria ne da’ avviso al procuratore generale e ai
difensori, indicando se il ricorso sara’ deciso a seguito
di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio.”.
– Si riporta il testo dell’art. 611 del codice di
procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 611 (Procedimento in camera di consiglio). – 1.
Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la
Corte procede in camera di consiglio quando deve decidere
su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel
dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a
norma dell’art. 442. Se non e’ diversamente stabilito e in
deroga a quanto previsto dall’art. 127, la Corte giudica
sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e
sulle memorie delle altre parti senza intervento dei
difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza, tutte
le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino
a cinque giorni prima, possono presentare memorie di
replica.”.
2. (Abrogato).
– Per il testo del comma 1 dell’art. 610 del codice di
procedura penale vedi note all’art. 6.
– Il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, reca:
“Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale”.
– Si riporta il testo dell’art. 127 del codice di
procedura penale:
“Art. 127 (Procedimento in camera di consiglio). – 1.
Quando si deve procedere in camera di consiglio, il giudice
o il presidente del collegio fissa la data dell’udienza e
ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone
interessate e ai difensori. L’avviso e’ comunicato o
notificato almeno dieci giorni prima della data predetta.
Se l’imputato e’ privo di difensore, l’avviso e’ dato a
quello di ufficio.
2. Fino a cinque giorni prima dell’udienza possono
essere presentate memorie in cancelleria.
3. Il pubblico ministero, gli altri destinatari
dell’avviso nonche’ i difensori sono sentiti se compaiono.
Se l’interessato e’ detenuto o internato in luogo posto
fuori della circoscrizione del giudice e ne fa richiesta,
deve essere sentito prima del giorno dell’udienza dal
magistrato di sorveglianza del luogo.
4. L’udienza e’ rinviata se sussiste un legittimo
impedimento dell’imputato o del condannato che ha chiesto
di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o
internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il
giudice.
5. Le disposizioni dei commi 1, 3 e 4 sono previste a
pena di nullita’.
6. L’udienza si svolge senza la presenza del pubblico.
7. Il giudice provvede con ordinanza comunicata o
notificata senza ritardo ai soggetti indicati nel comma 1,
che possono proporre ricorso per cassazione.
8. Il ricorso non sospende l’esecuzione dell’ordinanza,
a meno che il giudice che l’ha emessa disponga diversamente
con decreto motivato.
9. L’inammissibilita’ dell’atto introduttivo del
procedimento e’ dichiarata dal giudice con ordinanza, anche
senza formalita’ di procedura, salvo che sia altrimenti
stabilito. Si applicano le disposizioni dei commi 7 e 8.
10. Il verbale di udienza e’ redatto soltanto in forma
riassuntiva a norma dell’art. 140, comma 2”.

Art. 7.

1. Al comma 1 dell’articolo 327 del codice di procedura penale,
sono aggiunte, in fine, le parole: “che, anche dopo la comunicazione
della notizia di reato, continua a svolgere attivita’ di propria
iniziativa secondo le modalita’ indicate nei successivi articoli”.

Nota all’art. 7:
– Si riporta il testo del comma 1 dell’art. 327 del
codice di procedura penale, come modificato della legge qui
pubblicata:
“Art. 327 (Direzione delle indagini preliminari). – 1.
Il pubblico ministero dirige le indagini e dispone
direttamente della polizia giudiziaria che, anche dopo la
comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere
attivita’ di propria iniziativa secondo le modalita’
indicate nei successivi articoli”.

Art. 8.

1. Il comma 3 dell’articolo 348 del codice di procedura penale e’
sostituito dal seguente:
“3. Dopo l’intervento del pubblico ministero, la polizia
giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati a norma
dell’articolo 370, esegue le direttive del pubblico ministero ed
inoltre svolge di propria iniziativa, informandone prontamente il
pubblico ministero, tutte le altre attivita’ di indagine per
accertare i reati ovvero richieste da elementi successivamente emersi
e assicura le nuove fonti di prova”.

Note all’art. 8:
– Si riporta il testo dell’art. 348 del codice di
procedura penale, come modificato della legge qui
pubblicata:
“Art. 348 (Assicurazione delle fonti di prova). – 1.
Anche successivamente alla comunicazione della notizia di
reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le
funzioni indicate nell’art. 55, raccogliendo in specie ogni
elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla
individuazione del colpevole.
2. Al fine indicato nel comma 1, procede, fra l’altro:
a) alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti
al reato nonche’ alla conservazione di esse e dello stato
dei luoghi;
b) alla ricerca delle persone in grado di riferire su
circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti;
c) al compimento degli atti indicati negli articoli
seguenti.
3. Dopo l’intervento del pubblico ministero, la polizia
giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati
a norma dell’art. 370, esegue le direttive del pubblico
ministero ed inoltre svolge di propria iniziativa,
informandone prontamente il pubblico ministero, tutte le
altre attivita’ di indagine per accertare i reati ovvero
richieste da elementi successivamente emersi e assicura le
nuove fonti di prova.
4. La polizia giudiziaria, quando, di propria
iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero,
compie atti od operazioni che richiedono specifiche
competenze tecniche, puo’ avvalersi di persone idonee le
quali non possono rifiutare la propria opera”.
– L’art. 370 del codice di procedura penale reca: “Atti
diretti e atti delegati”.

Art. 9.

1. Al comma 2 dell’articolo 354 del codice di procedura penale,
dopo la parola: “tempestivamente,” sono inserite le seguenti: “ovvero
non ha ancora assunto la direzione delle indagini,”.

Nota all’art. 9:
– Si riporta il testo del comma 2 dell’art. 354 del
codice di procedura penale, come modificato della legge qui
pubblicata:
“2. Se vi e’ pericolo che le cose, le tracce e i
luoghi indicati nel comma 1, si alterino o si disperdano o
comunque si modifichino e il pubblico ministero non puo’
intervenire tempestivamente ovvero non ha ancora assunto la
direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia
giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi
sullo stato dei luoghi e delle cose . Se del caso,
sequestrano il corpo del reato e le cose a questo
pertinenti”.

Art. 10.

1. Al comma 2, lettera e), dell’articolo 380 del codice di
procedura penale, le parole da: “taluna” fino alla fine della lettera
sono sostituite dalle seguenti: “quella prevista dall’articolo 625,
primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che,
in quest’ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui
all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale”.
2. Al comma 2 dell’articolo 380 del codice di procedura penale,
dopo la lettera e) e’ inserita la seguente:
“e-bis) delitti di furto previsti dall’articolo 624-bis del
codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui
all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale”.
3. L’articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, e’ sostituito
dal seguente:
“Art. 4. – 1. Se il fatto previsto dall’articolo 624 del codice
penale e’ commesso su armi, munizioni od esplosivi nelle armerie
ovvero in depositi o in altri locali adibiti alla custodia di armi,
si procede d’ufficio e si applica la pena della reclusione da tre a
dieci anni e della multa da lire quattrocentomila a lire tre milioni.
2. Se concorre, inoltre, taluna delle circostanze previste
dall’articolo 61 o dall’articolo 625, numeri 2), 3), 4), 5) e 7), del
codice penale, la pena e’ della reclusione da cinque a dodici anni e
della multa da lire due milioni a lire sei milioni.
3. La pena di cui al comma 2 si applica ai delitti di cui
all’articolo 624-bis del codice penale aggravati ai sensi del comma
1.
4. La pena prevista al comma 3 e’ diminuita fino a due terzi
quando il fatto e’ di lieve entita'”.

Note all’art. 10:
– Si riporta il testo dell’art. 380 del codice di
procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 380 (Arresto obbligatorio in flagranza). – 1. Gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono
all’arresto di chiunque e’ colto in flagranza di un delitto
non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge
stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non
inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti
anni.
2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli
ufflciali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono
all’arresto di chiunque e’ colto in flagranza di uno dei
seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:
a) delitti contro la personalita’ dello Stato
previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i
quali e’ stabilita la pena della reclusione non inferiore
nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
b) delitto di devastazione e saccheggio previsto
dall’art. 419 del codice penale;
c) delitti contro l’incolumita’ pubblica previsti nel
titolo VI del libro II del codice penale per i quali e’
stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo
a tre anni o nel massimo a dieci anni;
d) delitto di riduzione in schiavitu’ previsto
dall’art. 600, delitto di prostituzione minorile previsto
dall’art. 600-bis, primo comma, delitto di pornografia
minorile previsto dall’art. 600-ter, commi primo e secondo,
e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento
della prostituzione minorile previsto
dall’ar. 600-quinquies del codice penale;
e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza
aggravante prevista dall’art. 4 della legge 8 agosto 1977
n. 533 o quella prevista dall’art. 625, primo comma, numero
2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in
quest’ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui
all’art. 62, primo comma, numero 4), del codice penale;
e-bis) delitti di furto previsti dall’articolo
624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza
attenuante di cui all’art. 62, primo comma, numero 4), del
codice penale;
f) delitto di rapina previsto dall’art. 628 del
codice penale e di estorsione previsto dall’art. 629 del
codice penale;
g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione
nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto
in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o
tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi
clandestine nonche’ di piu’ armi comuni da sparo escluse
quelle previste dall’art. 2, terzo comma della legge
18 aprile 1975, n. 110;
h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o
psicotrope puniti a norma dell’art. 73 del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza
prevista dal comma 5 del medesimo articolo;
i) delitti commessi per finalita’ di terrorismo o di
eversione dell’ordine costituzionale per i quali la legge
stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel
minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
l) delitti di promozione, costituzione, direzione e
organizzazione delle associazioni segrete previste
dall’art. 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, delle
associazioni di carattere militare previste dall’art. 1
della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei
movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2 della
legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni,
associazioni, movimenti o gruppi di cui all’art. 3, comma
3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654;
l-bis) delitti di partecipazione promozione,
direzione e organizzazione della associazione di tipo
mafioso prevista dall’art. 416-bis del codice penale;
m) delitti di promozione, direzione, costituzione e
organizzazione della associazione per delinquere prevista
dall’art. 416, commi 1 e 3 del codice penale, se
l’associazione e’ diretta alla commissione di piu’ delitti
fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c),
d), f), g), i) del presente comma.
3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela,
l’arresto in flagranza e’ eseguito se la querela viene
proposta, anche con dichiarazione resa oralmente
all’ufficiale o all’agente di polizia giudiziaria presente
nel luogo. Se l’avente diritto dichiara di rimettere la
querela, l’arrestato e’ posto immediatamente in liberta'”.
– Per il testo dell’art. 625 del codice civile si veda
nelle note all’articolo.
– Si riporta il testo dell’art. 62 del codice penale:
“Art. 62 (Circostanze attestanti comuni). – Attenuano
il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o
circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti:
1) l’avere agito per motivi di particolare valore
morale o sociale;
2) l’aver reagito in stato di ira, determinato da un
fatto ingiusto altrui;
3) l’avere agito per suggestione di una folla in
tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti
vietati dalla legge o dall’Autorita’, e il colpevole non e’
delinquente o contravventore abituale o professionale, o
delinquente per tendenza;
4) l’avere, nei delitti contro il patrimonio, o che
comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona
offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale
tenuita’, ovvero, nei delitti determinati da motivi di
lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque
conseguito un lucro di speciale tenuita’, quando anche
l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuita’;
5) l’essere concorso a determinare l’evento, insieme
con l’azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso
della persona offesa;
6) l’avere, prima del giudizio, riparato interamente
il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia
possibile, mediante le restituzioni, o l’essersi, prima del
giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso
dell’art. 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per
elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del
reato”.
– Per l’art. 624 del codice penale, si veda nelle note
all’art. 2.
– Si riporta il testo dell’art. 61 del codice penale:
“Art. 61 (Circostanze aggravanti comuni). – Aggravano
il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o
circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:
1) avere agito per motivi abbietti o futili;
2) l’aver commesso il reato per eseguirne od
occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a
se’ o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero
la impunita’ di un altro reato;
3) l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la
previsione dell’evento;
4) l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con
crudelta’ verso le persone;
5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di
luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata
difesa;
6) l’avere il colpevole commesso il reato durante il
tempo, in cui si e’ sottratto volontariamente alla
esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di
cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;
7) l’avere, nei delitti contro il patrimonio o che
comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti
determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona
offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante
gravita’;
8) l’avere aggravato o tentato di aggravare le
conseguenze del delitto commesso;
9) l’avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o
con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione
o a un pubblico servizio, ovvero alla qualita’ di ministro
di un culto;
10) l’avere commesso il fatto contro un pubblico
ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio
o rivestita della qualita’ di Ministro del culto cattolico
o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente
diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell’atto o a
causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio;
11) l’avere commesso il fatto con abuso di autorita’
o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni
d’ufficio, di prestazione di opera, di coabitazione, o di
ospitalita'”.
– Per il testo dell’art. 625 del codice penale, si veda
nelle note all’art. 2.
– Per il testo dell’art. 624-bis del codice penale e
veda l’art. 2 della legge qui pubblicata.

Art. 11.

1. Al comma 1 dell’articolo 384 del codice di procedura penale,
dopo le parole: “elementi che” sono inserite le seguenti: “, anche in
relazione alla impossibilita’ di identificare l’indiziato,”.

Nota all’art. 11:
– Si riporta il testo del comma 1 dell’art. 384 del
codice di procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“1. Anche fuori dei casi di flagranza quando
sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla
impossibilita’ di identificare l’indiziato, fanno ritenere
fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone
il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto
per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o
della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e
superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto
concernente le armi da guerra e gli esplosivi”.

Art. 12.

1. Al comma 5 dell’articolo 391 del codice di procedura penale, il
secondo periodo e’ sostituito dal seguente: “Quando l’arresto e’
stato eseguito per uno dei delitti indicati nell’articolo 381, comma
2, ovvero per uno dei delitti per i quali e’ consentito anche fuori
dai casi di flagranza, l’applicazione della misura e’ disposta anche
al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1,
lettera c), e 280”.

Note all’art. 12:
– Si riporta il testo del comma 5 dell’art. 391 del
codice di procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 5. – Se ricorrono le condizioni di applicabilita’
previste dall’art. 273 e taluna delle esigenze cautelari
previste dall’art. 274, il giudice dispone l’applicazione
di una misura coercitiva a norma dell’art. 291. Quando
l’arresto e’ stato eseguito per uno dei delitti indicati
nell’art. 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i
quali e’ consentito anche fuori dai casi di flagranza,
l’applicazione della misura e’ disposta anche al di fuori
dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1,
lettera c) e 280”.
– Si propone il testo del comma 2 dell’art. 381 del
codice di procedura penale:
“2. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria
hanno altresi’ facolta’ di arrestare chiunque e’ colto in
flagranza di uno dei seguenti delitti:
a) peculato mediante profitto dell’errore altrui
previsto dall’art. 316 del codice penale;
b) corruzione per un atto contrario ai doveri di
ufficio prevista dagli articoli 319, comma 4 e 321 del
codice penale;
c) violenza o minaccia a pubblico ufficiale prevista
dall’art. 336, comma 2 del codice penale;
d) commercio e somministrazione di medicinali guasti
e di sostanze alimentari nocive previsti dagli articoli 443
e 444 del codice penale;
e) corruzione di minorenni prevista dall’art. 530 del
codice penale;
f) lesione personale prevista dall’art. 582 del
codice penale;
g) furto previsto dall’art. 624 del codice penale;
h) danneggiamento aggravato a norma dell’art. 635,
comma 2 del codice penale;
i) truffa prevista dall’art. 640 del codice penale;
l) appropriazione indebita prevista dall’art. 646 del
codice penale;
m) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi
non riconosciuti previste dagli articoli 3 e 24 comma 1
della legge 18 aprile 1975, n. 110”.
– Si riporta il testo degli articoli 274 e 280 del
codice di procedura penale:
“Art. 274 (Esigenze cautelari). – 1. Le misure
cautelari sono disposte:
a) quando sussistono specifiche ed inderogabili
esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i
quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed
attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinita’ della
prova, fondate su circostanze di fatto espressamente
indicate nel provvedimento a pena di nullita’ rilevabile
anche d’ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale
pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della
persona sottoposta alle indagini o dell’imputato di rendere
dichiarazioni ne’ nella mancata ammissione degli addebiti;
b) quando l’imputato si e’ dato alla fuga o sussiste
concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il
giudice ritenga che possa essere irrogata una pena
superiore a due anni di reclusione;
c) quando, per specifiche modalita’ e circostanze del
fatto e per la personalita’ della persona sottoposta alle
indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti
concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto
pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi
o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro
l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalita’
organizzata o della stessa specie di quello per cui si
procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti
della stessa specie di quello per cui si procede, le misure
di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di
delitti per i quali e’ prevista la pena della reclusione
non inferiore nel massimo a quattro anni”.
“Art. 280 (Condizioni di applicabilita’ delle misure
coercitive). – 1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del
presente articolo e dall’art. 391, le misure previste in
questo capo possono essere applicate solo quando si procede
per delitti per i quali la legge stabilisce la pena
dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a
tre anni.
2. La custodia cautelare in carcere puo’ essere
disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali
sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel
massimo a quattro anni.
3. La disposizione di cui al comma 2, non si applica
nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni
inerenti ad una misura cautelare”.

Art. 13.

1. Il comma 3 dell’articolo 593 del codice di procedura penale e’
sostituito dal seguente:
“3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali e’
stata applicata la sola pena dell’ammenda e le sentenze di
proscioglimento o di non luogo a procedere relative a contravvenzioni
punite con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa”.

Art. 14.

1. All’articolo 275 del codice di procedura penale sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) il comma 1-bis e’ sostituito dal seguente:
“1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l’esame delle
esigenze cautelari e’ condotto tenendo conto anche dell’esito del
procedimento, delle modalita’ del fatto e degli elementi
sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza,
risulta taluna delle esigenze indicate nell’articolo 274, comma 1,
lettere b) e c)”;
b) al comma 2, dopo le parole: “alla sanzione che” sono
inserite le seguenti: “sia stata o”;
c) dopo il comma 2-bis e’ inserito il seguente:
“2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari
personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza,
quando, all’esito dell’esame condotto a norma del comma 1-bis,
risultano sussistere esigenze cautelari previste dall’articolo 274 e
la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380,
comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque
anni precedenti per delitti della stessa indole”.

Note all’art. 14:
– Si riporta il testo dell’art. 275 del codice di
procedura penale, come modificato dalla legge qui
pubblicata:
“Art. 275 (Criteri di scelta delle misure). – 1. Nel
disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica
idoneita’ di ciascuna in relazione alla natura e al grado
delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.
1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna,
l’esame delle esigenze cautelari e’ condotto tenendo conto
anche dell’esito del procedimento, delle modalita’ del
fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa
emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna
delle esigenze indicate nell’art. 274, comma 1, lettere b)
e c).
2. Ogni misura deve essere proporzionata all’entita’
del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa
essere irrogata.
2-bis. Non puo’ essere disposta la misura della
custodia cautelare se il giudice ritiene che con la
sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale
della pena.
2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure
cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente
alla sentenza, quando, all’esito dell’esame condotto a
norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze
cautelari previste dall’art. 274 e la condanna riguarda uno
dei delitti previsti dall’art. 380, comma 1, e questo
risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni
precedenti per delitti della stessa indole.
3. La custodia cautelare in carcere puo’ essere
disposta soltanto quando ogni altra misura risulti
inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza
in ordine ai delitti di cui all’art. 416-bis del codice
penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni
previste dal predetto art. 416-bis ovvero al fine di
agevolare l’attivita’ delle associazioni previste dallo
stesso articolo e’ applicata la custodia cautelare in
carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali
risulti che non sussistono esigenze cautelari.
4. Non puo’ essere disposta la custodia cautelare in
carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di
eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta
o madre di prole di eta’ inferiore a tre anni con lei
convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o
assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole,
ovvero persona che ha superato l’eta’ di settanta anni [o
che si trovi in condizioni di salute particolarmente gravi
incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da
non consentire adeguate cure in caso di detenzione in
carcere].
4-bis. Non puo’ essere disposta ne’ mantenuta la
custodia cautelare in carcere quando l’imputato e’ persona
affetta da AIDS conclainata o da grave deficienza
immunitaria accertate ai sensi dell’art. 286-bis, comma 2,
ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto
della quale le sue condizioni di salute risultano
incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da
non consentire adeguate cure in caso di detenzione in
carcere.
4-ter. Nell’ipotesi di cui al comma 4-bis, se
sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la
custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie
penitenziarie non e’ possibile senza pregiudizio per la
salute dell’imputato o di quella degli altri detenuti, il
giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso
un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se
l’imputato e’ persona affetta da AIDS conclamata o da grave
deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono
essere disposti presso le unita’ operative di malattie
infettive ospedaliere ed universitarie o altre unita’
operative prevalentemente impegnate secondo i piani
regionali nell’assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso
una residenza collettiva o casa alloggio di cui all’art. 1,
comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.
4-quater. Il giudice puo’ comunque disporre la custodia
cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o
sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei
delitti previsti dall’art. 380, relativamente a fatti
commessi dopo l’applicazione delle misure disposte ai sensi
dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che
l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto
attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie.
4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non puo’
comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si
trova in una fase cosi’ avanzata da non rispondere piu’,
secondo le certificazioni del servizio sanitario
penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle
terapie curative.
5. (Omissis)”.
– Per il testo dell’art. 274 del codice di procedura
penale, vedi nelle note all’art. 12.
– Per il testo dell’art. 380 del codice di procedura
penale, vedi nelle note all’art. 10.

Art. 15.

1. Alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4, come modificato dalla legge 3 agosto 1988,
n. 327, il quarto comma e’ sostituito dai seguenti:
“Con l’avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di
cui all’articolo 1, puo’ imporre alle persone che risultino
definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di
possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di
comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e
accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto
blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacita’
offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai
controlli di polizia, nonche’ programmi informatici ed altri
strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi. Il
divieto del questore e’ opponibile davanti al giudice monocratico.
Chiunque violi il divieto di cui al quarto comma e’ punito con la
reclusione da uno a tre anni e con la multa da lire tre milioni a
lire dieci milioni. Gli strumenti, gli apparati, i mezzi e i
programmi posseduti o utilizzati sono confiscati ed assegnati alle
Forze di polizia, se ne fanno richiesta, per essere impiegati nei
compiti di istituto”;
b) all’articolo 7, e successive modificazioni, al secondo
comma, sono aggiunte, in fine, le parole: “o quando la persona
sottoposta alla sorveglianza speciale abbia ripetutamente violato gli
obblighi inerenti alla misura”;
c) all’articolo 7, e successive modificazioni, dopo il terzo
comma e’ aggiunto il seguente:
“Nel caso di modificazione del provvedimento o di taluna delle
prescrizioni per gravi esigenze di ordine e sicurezza pubblica,
ovvero per violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza
speciale, il presidente del tribunale puo’, nella pendenza del
procedimento, disporre con decreto l’applicazione provvisoria della
misura, delle prescrizioni o degli obblighi richiesti con la
proposta”.

Note all’art. 15:
– Si riporta il testo dell’art. 7 della legge 27
dicembre 1956, n. 1423, come modificata dalla legge
3 agosto 1988, n. 327 (Norme in materia di misure di
prevenzione personali):
“Art. 7. – Il provvedimento di applicazione delle
misure di prevenzione di cui all’art. 3 e’ comunicata al
questore per l’esecuzione.
Il provvedimento stesso, su istanza dell’interessato e
sentita l’autorita’ di pubblica sicurezza che lo propose,
puo’ essere revocato o modificato dall’organo dal quale fu
emanato, quanto sia cessata o mutata la causa che lo ha
determinato. Il provvedimento puo’ essere altresi’
modificato, anche per l’applicazione del divieto o
dell’obbligo di soggiorno, su richiesta dell’autorita’
proponente, quando ricorrono gravi esigenze di ordine e
sicurezza pubblica o quando la persona sottoposta alla
sorveglianza speciale abbia ripetutamente violato gli
obblighi inerenti alla misura.
Il ricorso contro il provvedimento di revoca o di
modifica non ha effetto sospensivo.
Nel caso di modificazione del provvedimento o di taluna
delle prescrizioni per gravi esigenze di ordine e sicurezza
pubblica, ovvero per violazione degli obblighi inerenti
alla sorveglianza speciale, il presidente del tribunale
puo’, nella pendenza del procedimento, disporre con decreto
l’applicazione provvisoria della misura, delle prescrizioni
o degli obblighi richiesti con la proposta”.

Art. 16.

1. Il terzo comma dell’articolo 20 della legge 1º aprile 1981, n.
121, come modificato dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 279,
e’ sostituito dal seguente:
“Ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica,
nonche’ della prevenzione dei reati, il prefetto puo’ chiamare a
partecipare alle sedute del comitato le autorita’ locali di pubblica
sicurezza e i responsabili delle amministrazioni dello Stato
interessate ai problemi da trattare, con particolare riguardo ai
responsabili dei competenti uffici dell’Amministrazione
penitenziaria, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo
forestale dello Stato, del Corpo delle capitanerie di porto, e,
d’intesa con il presidente della provincia o con il sindaco, i
responsabili degli altri uffici delle Amministrazioni locali
interessate o della polizia municipale”.

Nota all’art. 16:
– Si riporta il testo dell’art. 20 della legge 1o
aprile 1981, n. 121, come modificato dal decreto
legislativo 27 luglio 1999, n. 279, (Nuovo ordinamento
dell’amministrazione della pubblica sicurezza) e
ulteriormente modificato dalla legge qui pubblicata:
“Art. 20 (Comitato provinciale per l’ordine e la
sicurezza pubblica). – Presso la prefettura e’ istituito il
comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica,
quale organo ausiliario di consulenza del prefetto per
l’esercizio delle sue attribuzioni di autorita’ provinciale
di pubblica sicurezza.
Il comitato e’ presieduto dal prefetto ed e’ composto
dal questore, dal sindaco del comune capoluogo e dal
presidente della provincia, dai comandanti provinciali
dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di
finanza, nonche’ dai sindaci degli altri comuni
interessati, quando devono trattarsi questioni riferibili
ai rispettivi ambiti territoriali.
Ai fini della tutela dell’ordine e della sicurezza
pubblica, nonche’ della prevenzione dei reati, il prefetto
puo’ chiamare a partecipare alle sedute del comitato le
autorita’ locali di pubblica sicurezza e i responsabili
delle amministrazioni dello Stato interessate ai problemi
da trattare, con particolare riguardo ai responsabili dei
competenti uffici dell’amministrazione penitenziaria, del
Corpo nazione dei vigili del fuoco, del Corpo forestale
dello Stato, del Corpo delle capitanerie di porto, e,
d’intesa con il presidente della provincia o con il
sindaco, i responsabili degli altri uffici delle
amministrazioni locali interessate o della polizia
municipale.
Il prefetto puo’ invitare alle stesse riunioni
componenti dell’ordine giudiziario, d’intesa con il
procuratore della Repubblica competente.
Alla convocazione e alla formazione dell’ordine del
giorno del comitato provvede il prefetto. La convocazione
e’ in ogni caso disposta quando lo richiede il sindaco del
comune capoluogo di provincia per la trattazione di
questioni attinenti alla sicurezza della comunita’ locale o
per la prevenzione di tensioni o conflitti sociali che
possono comportare turbamenti dell’ordine o della sicurezza
pubblica in ambito comunale. Per la trattazione delle
medesime questioni, su richiesta del sindaco, e’ altresi’
integrato, ove occorra, l’ordine del giorno del comitato”.

Art. 17.

1. Il Ministro dell’interno impartisce e aggiorna annualmente le
direttive per la realizzazione, a livello provinciale e nei maggiori
centri urbani, di piani coordinati di controllo del territorio da
attuare a cura dei competenti uffici della Polizia di Stato e comandi
dell’Arma dei carabinieri e, per i servizi pertinenti alle attivita’
d’istituto, del Corpo della Guardia di finanza, con la partecipazione
di contingenti dei corpi o servizi di polizia municipale, previa
richiesta al sindaco, o nell’ambito di specifiche intese con la
predetta autorita’, prevedendo anche l’istituzione di presidi mobili
di quartiere nei maggiori centri urbani, nonche’ il potenziamento e
il coordinamento, anche mediante idonee tecnologie, dei servizi di
soccorso pubblico e pronto intervento per la sicurezza dei cittadini.

2. Qualora vittime di reati siano soggetti portatori di handicap,
persone anziane o altrimenti impedite, in seguito alle richieste di
intervento da questi inoltrate un appartenente alle forze dell’ordine
si reca al domicilio della vittima stessa anche al fine di stendere e
ricevere la relativa denuncia. Le modalita’ di attuazione del
servizio sono stabilite con protocolli di intesa tra comuni e
prefetture.

3. Ai fini della prevenzione dei delitti di ricettazione,
riciclaggio o reimpiego dei beni di provenienza illecita o di quelli
concernenti armi o esplosivi, gli ufficiali e gli agenti di pubblica
sicurezza esercitano i controlli di cui all’articolo 16 del testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto
18 giugno 1931, n. 773, relativamente alle attivita’ soggette ad
autorizzazione disciplinata dallo stesso testo unico o da altre
disposizioni di legge ed individuate dal Ministro dell’interno con
regolamento da adottare di concerto con il Ministro della giustizia,
con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, con
il Ministro dei trasporti e della navigazione e con il Ministro per
gli affari regionali, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400.
4. Relativamente alle attivita’ sottoposte ai controlli di
prevenzione di cui al comma 3, il prefetto, per motivate esigenze di
ordine e sicurezza pubblica, puo’ richiedere all’organo competente
per il rilascio del provvedimento autorizzatorio, che provvede in
base alle disposizioni di legge o di regolamento in vigore, la
sospensione o la revoca del provvedimento stesso, ovvero la
cessazione dell’attivita’ esercitata in assenza di questo. Resta
fermo quanto previsto dall’articolo 9 della legge 25 agosto 1991,
n. 287.
5. La relazione di cui all’articolo 113 della legge 1º aprile
1981, n. 121, comprende anche tutti i dati relativi alle iniziative
di cui al presente articolo, suddivisi su base provinciale. Il Senato
della Repubblica e la Camera dei deputati definiscono modalita’ per
l’esame di tale relazione.

Note all’art. 17:
– Il regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, reca:
“Abbograzione del testo unico delle legge di pubblica
sicurezza.
– Si riporta il testo del comma 3 dell’art. 17 della
legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attivita’ di
governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri):
“3. Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di
autorita’ sottordinate al ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu’ ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la
necessita’ di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati
dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione”.
– Si riporta il testo dell’art. 9 della legge 25 agosto
1991, n. 287, “Aggiornamento della normativa
sull’insediamento e nell’attivita’ dei pubblici esercizi):
“Art. 9 (Tutela dell’ordine e della sicurezza
pubblica). – 1. Per i fini di tutela dell’ordine e della
sicurezza pubblica, il sindaco comunica al prefetto, entro
dieci giorni dal rilascio, gli estremi delle autorizzazioni
di cui all’art. 3.
2. Ai medesimi fini di cui al comma 1, gli ufficiali e
agenti di pubblica sicurezza effettuano i controlli e le
autorita’ di pubblica sicurezza adottano i provvedimenti
previsti dalle leggi vigenti.
3. La sospensione del titolo autorizzatorio prevista
dall’art. 100 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.
773, non puo’ avere durata superiore a quindici giorni; e’
fatta salva la facolta’ di disporre la sospensione per una
durata maggiore, quando sia necessario per particolari
esigenze di ordine e sicurezza pubblica specificamente
motivate”.
– Si riporta il testo dell’art. 113 della legge 1o
aprile 1981, n. 121, (Nuovo ordinamento
dell’amministrazione della pubblica sicurezza):
“Art. 113 (Relazione del Ministro dell’interno). – Il
Ministro dell’interno presenta annualmente al Parlamento
una relazione sull’attivita’ delle Forze di polizia e sullo
stato dell’ordine e della sicurezza pubblica nel territorio
nazionale”.

Art. 18.

1. In relazione a specifiche ed eccezionali esigenze, al fine di
consentire che il personale delle Forze di polizia venga impiegato
nel diretto contrasto della criminalita’, il Consiglio dei ministri,
su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto
con i Ministri dell’interno e della difesa, adotta uno o piu’
specifici programmi di utilizzazione, da parte dei prefetti delle
province in cui le suddette esigenze si sono manifestate, di
contingenti di personale militare delle Forze armate, da impiegare
per la sorveglianza e il controllo di obiettivi fissi, quali edifici
istituzionali ed altri di interesse pubblico. Tale personale e’ posto
a disposizione dei prefetti dalle autorita’ militari ai sensi
dell’articolo 13 della legge 1 aprile 1981, n. 121.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati sentito il Comitato
nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, cui e’ chiamato a
partecipare il Capo di stato maggiore della Forza armata interessata.
I programmi hanno la durata massima di sei mesi, rinnovabile, e
definiscono i contingenti massimi di personale militare delle Forze
armate utilizzabili in ciascuna provincia e le direttive di impiego
del personale medesimo nel rispetto delle norme vigenti e delle
risorse disponibili. I programmi sono trasmessi, prima dell’inizio
della loro attuazione, alla Camera dei deputati ed al Senato della
Repubblica per l’espressione del parere da parte delle Commissioni
parlamentari competenti, che si pronunciano entro trenta giorni dalla
data di trasmissione. Nel caso in cui le Commissioni esprimano parere
contrario, i programmi sono sospesi o modificati per essere adeguati
al parere. Con le stesse modalita’ si procede in caso di rinnovo dei
programmi.

Nota all’art. 18:
– Si riporta il testo dell’art. 13 della citata legge
1o aprile 1981, n. 121:
“Art. 13 (Prefetto). – Il prefetto e’ autorita’
provinciale di pubblica sicurezza.
Il prefetto ha la responsabilita’ generale dell’ordine
e della sicurezza pubblica nella provincia e sovraintende
all’attuazione delle direttive emanate in materia.
Assicura unita’ di indirizzo e coordinamento dei
compiti e delle attivita’ degli ufficiali ed agenti di
pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure
occorrenti.
A tali fini il prefetto deve essere tempestivamente
informato dal questore e dai comandanti provinciali
dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza su
quanto comunque abbia attinenza con l’ordine e la sicurezza
pubblica nella provincia.
Il prefetto dispone della forza pubblica e delle altre
forze eventualmente poste a sua disposizione in base alle
leggi vigenti e ne coordina le attivita’.
Il prefetto trasmette al Ministro dell’interno
relazioni sull’attivita’ delle forze di polizia in
riferimento ai compiti di cui al presente articolo.
Il prefetto tiene informato il commissario del Governo
nella regione sui provvedimenti che adotta nell’esercizio
dei poteri ad esso attribuiti dalla presente legge”.

Art. 19.

1. Nell’attuazione dei programmi di cui all’articolo 18 i militari
delle Forze armate, al fine di prevenire o di impedire comportamenti
che possono mettere in pericolo l’incolumita’ di persone o la
sicurezza delle strutture vigilate, possono procedere alla
identificazione ed a trattenere sul posto persone e mezzi di
trasporto per il tempo strettamente necessario a consentire
l’intervento di agenti delle forze dell’ordine. In nessun caso i
militari impiegati per i suddetti programmi hanno le funzioni di
agenti di polizia giudiziaria.

Art. 20.

1. Al personale militare impiegato nell’ambito dei programmi di
cui all’articolo 18, e con riferimento al periodo di effettivo
impiego nell’ambito di tali programmi, e’ attribuita una indennita’
onnicomprensiva determinata con decreto del Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, di concerto con i Ministri
dell’interno e della difesa. Per tale personale militare la predetta
indennita’, aggiuntiva al trattamento stipendiale o alla paga
giornaliera, non puo’ superare il trattamento economico accessorio
previsto per il personale delle Forze di polizia.

Art. 21.

1. Ai fini di cui all’articolo 6 della legge 1º aprile 1981, n.
121, le Forze di polizia conferiscono senza ritardo al Centro
elaborazione dati del Dipartimento della pubblica sicurezza,
istituito dall’articolo 8 della medesima legge, le notizie e le
informazioni acquisite nel corso delle attivita’ di prevenzione e
repressione dei reati e di quelle amministrative.
2. Con regolamento da emanare entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, il Ministro dell’interno, di concerto
con il Ministro della giustizia, stabilisce, ad integrazione di
quanto gia’ disposto dal regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 3 maggio 1982, n. 378, e successive
modificazioni, le modalita’ tecniche con le quali deve essere
assicurata l’immissione uniforme negli archivi del Centro
elaborazione dati del contenuto di atti, informative e documenti
prodotti dalle Forze di polizia e dei dati essenziali delle altre
notizie qualificate di reato. Il regolamento stabilisce altresi’ le
modalita’ con le quali assicurare che, fermo restando il disposto
dell’articolo 326 del codice penale e dell’articolo 12 della legge 1º
aprile 1981, n. 121, la consultazione dei dati e delle informazioni
conferiti al Centro elaborazione dati del Dipartimento della pubblica
sicurezza avvenga con modalita’ tali da rendere certe, anche mediante
l’uso di firme digitali e chiavi biometriche, le identita’ di coloro
che hanno originato l’atto, che hanno provveduto all’inserimento e
che comunque vi hanno avuto accesso.
3. Il Centro elaborazione dati del Dipartimento della pubblica
sicurezza puo’ attivare connessioni con altri centri di elaborazione
dati, pubblici e privati, i quali sono tenuti ad assicurare, al
personale autorizzato ed esclusivamente a fini investigativi,
l’accesso ai soli dati contrattuali utili per la completa
identificazione dei titolari di rapporti con enti e societa’ di
gestione di pubblici servizi e per la conoscenza di dati essenziali
sulla tipologia di servizio prestato.
4. Ferme le disposizioni di cui al titolo II del citato
regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica n.
378 del 1982, nei limiti in cui i dati immessi debbano restare
segreti ai sensi degli articoli 114 e 329 del codice di procedura
penale, la consultazione del contenuto delle informazioni e dei
documenti secretati e’ riservata ad ufficiali di polizia giudiziaria
individuati, con decreto del Ministro dell’interno su proposta del
Direttore generale della pubblica sicurezza, tra gli appartenenti
alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri, al Corpo della
Guardia di finanza e al Corpo forestale dello Stato, che siano
assegnati ai servizi di polizia giudiziaria di cui all’articolo 56
del codice di procedura penale o che prestino servizio presso la
Direzione investigativa antimafia o la Direzione centrale per i
servizi antidroga ovvero presso gli uffici centrali della Polizia di
Stato e dell’Arma dei carabinieri che svolgono istituzionalmente
attivita’ investigativa per il contrasto dell’eversione e del
terrorismo.
5. I nominativi degli ufficiali di polizia giudiziaria autorizzati
ad accedere ai dati secretati sono tempestivamente comunicati dal
Dipartimento della pubblica sicurezza alle procure della Repubblica
presso i tribunali territorialmente competenti.
6. Per le violazioni delle disposizioni di cui ai precedenti commi
si osservano le disposizioni di cui all’articolo 12 della legge 1º
aprile 1981, n. 121.

Note all’art. 21:
– Si riporta il testo dell’art. 6 della citata legge 1o
aprile 1981, n. 121:
“Art. 6 (Coordinamento e direzione unitaria delle forze
di polizia). – Il dipartimento della pubblica sicurezza, ai
fini dell’attuazione delle direttive impartite dal Ministro
dell’interno nell’esercizio delle attribuzioni di
coordinamento e di direzione unitaria in materia di ordine
e di sicurezza pubblica, espleta compiti di:
a) classificazione, analisi e valutazione delle
informazioni e dei dati che devono essere forniti anche
dalle forze di polizia in materia di tutela dell’ordine,
della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione
della criminalita’ e loro diramazione agli organi operativi
delle suddette Forze di polizia;
b) ricerca scientifica e tecnologica, documentazione,
studio e statistica;
c) elaborazione della pianificazione generale dei
servizi d’ordine e sicurezza pubblica;
d) pianificazione generale e coordinamento delle
pianificazioni operative dei servizi logistici e
amministrativi di carattere comune alle Forze di polizia;
e) pianificazione generale e coordinamento delle
pianificazioni operative della dislocazione delle Forze di
polizia e dei relativi servizi tecnici;
f) pianificazione generale e coordinamento delle
pianificazioni finanziarie relative alle singole Forze di
polizia;
g) mantenimento e sviluppo delle relazioni
comunitarie e internazionali.
Per l’espletamento delle funzioni predette e’
assegnato, secondo criteri di competenza
tecnico-professionale, personale appartenente ai ruoli
della Polizia di Stato e ai ruoli dell’Amministrazione
civile dell’interno, secondo contingenti fissati con
decreto del Ministro dell’interno, nonche’ personale delle
altre Forze di polizia e delle altre amministrazioni dello
Stato, secondo contingenti determinati con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del
tesoro e con i Ministri interessati.
Per l’espletamento di particolari compiti scientifici e
tecnici possono essere conferiti incarichi anche ad
estranei alla pubblica amministrazione.
Gli incarichi sono conferiti a tempo determinato con
decreto del Ministro dell’interno, sentito il consiglio di
amministrazione e non possono superare l’anno finanziario;
possono essere rinnovati per non piu’ di due volte.
Complessivamente non possono affidarsi allo stesso
incaricato studi interessanti una o piu’ amministrazioni o
servizi per un periodo superiore a tre esercizi finanziari,
quale che sia la materia oggetto dell’incarico. E’ comunque
escluso il cumulo degli incarichi nello stesso esercizio,
anche se da assolversi per conto di amministrazioni
diverse.
Per l’osservanza dei predetti limiti l’incaricando e’
tenuto a dichiarare per iscritto, sotto sua personale
responsabilita’ che nei suoi confronti non ricorre alcuna
delle ipotesi di esclusione stabilite dal precedente comma.
Il conferimento dell’incarico e’, altresi’, subordinato ad
apposito nulla aosta dell’amministrazione di appartenenza,
ove trattasi di pubblico dipendente.
Il compenso e’ stabilito, in relazione all’importanza
ed alla durata dell’incarico, con decreto del Ministro
dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro”.
– Il decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio
1982, n. 378, reca: “Approvazione del regolamento
concernente le procedure di raccolta, accesso,
comunicazione, correzione, cancellazione ed integrazione
dei dati e delle informazioni, registrati negli archivi
magnetici del centro di elaborazione dati di cui all’art. 8
della legge 1o aprile 1981, n. 121”.
– Si riporta il testo dell’art. 326 del codice penale:
“Art. 326 (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di
ufficio). – Il pubblico ufficiale o la persona incaricata
di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti
alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua
qualita’, rivela notizie di ufficio, le quali debbano
rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la
conoscenza, e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni.
Se l’agevolazione e’ soltanto colposa si applica la
reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un
pubblico servizio, che, per procurare a se’ o ad altri un
indebito profitto patrimoniale, si avvolga illegittimamente
di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete,
e’ punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il
fatto e’ commesso al fine di procurare a se’ o ad altri un
ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri
un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino
a due anni”.
– Si riporta il testo dell’art. 12 della citata legge
1o aprile 1981, n. 121:
“Art. 12 (Sanzioni). – Il pubblico ufficiale che
comunica o fa uso di dati ed informazioni in violazione
delle disposizoni della presente legge, o al di fuori dei
fini previsti della stessa, e’ punito, salvo che il fatto
costituisca piu’ grave reato, con la reclusione da uno a
tre anni.
Se il fatto e’ commesso per colpa, la pena e’ della
reclusione fino a sei mesi”.
– Il titolo II del decreto del Presidente della
Repubblica 3 maggio 1982, n. 378, tratta delle “Procedure
per l’eccesso e la comunicazione dei dati e relativo regime
di autorizzazione”.
– Si riporta il testo degli articoli 114 e 329 del
codice di procedura penale:
“Art. 114 (Divieto di pubblicazione di atti e di
immagini). – 1. E’ vietata la pubblicazione, anche parziale
o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro
mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche
solo del loro contenuto.
2. E’ vietata la pubblicazione, anche parziale degli
atti non piu’ coperti dal segreto fino a che non siano
concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine
dell’udienza preliminare.
3. Se si procede al dibattimento, non e’ consentita la
pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per
il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di
primo grado e di quelli del fascicolo del pubblico
ministero, se non dopo la pronuncia della sentenza in grado
di appello. E’ sempre consentita la pubblicazione degli
atti utilizzati per le contestazioni.
4. E’ vietata la pubblicazione, anche parziale, degli
atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi
previsti dall’art. 472, commi 1 e 2. In tali casi il
giudice, sentite le parti, puo’ disporre il divieto di
pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti
utilizzati per le contestazioni. Il divieto di
pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i
termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero
e’ trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza
irrevocabile e la pubblicazione e’ autorizzata dal Ministro
di grazia e giustizia.
5. Se non si procede al dibattimento, il giudice,
sentite le parti, puo’ disporre il divieto di pubblicazione
di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi
puo’ offendere il buon costume o comportare la diffusione
di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il
segreto nell’interesse dello Stato ovvero causare
pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti
private. Si applica la disposizione dell’ultimo periodo del
comma 4.
6. E’ vietata la pubblicazione delle generalita’ e
dell’immagine dei minorenni testimoni, persone offese o
danneggiati dal reato fino a quando non sono
divenuti maggiorenni. Il tribunale per i minorenni,
nell’interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che
ha compiuto i sedici anni, puo’ consentire la
pubblicazione.
6 bis. E’ vietata la pubblicazione dell’immagine di
persona privata della liberta’ personale ripresa mentre la
stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi
ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la
persona vi consenta.
7. E’ sempre consentita la pubblicazione del contenuto
di atti non coperti dal segreto”.
“Art. 329 (Obbligo del segreto). – 1. Gli atti di
indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia
giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando
l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non
oltre la chiusura delle indagini preliminari.
2. Quando e’ necessario per la prosecuzione delle
indagini, il pubblico ministero puo’, in deroga a quanto
previsto dall’art. 114, consentire, con decreto motivato,
la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal
caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la
segreteria del pubblico ministero.
3. Anche quando gli atti non sono piu’ coperti dal
segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso
di necessita’ per la prosecuzione delle indagini puo’
disporre con decreto motivato:
a) l’obbligo del segreto per singoli atti, quando
l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto
puo’ ostacolare le indagini riguardanti altre persone;
b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli
atti o notizie specifiche relative a determinate
operazioni”.
– Per il testo dell’art. 12 della legge 1o aprile 1981,
n. 121, vedi note all’art. 21.

Art. 22.

1. La spesa derivante dall’applicazione della presente legge e’
fissata nella misura massima di lire 13.000 milioni annue a decorrere
dal 2001. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente
riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
2001-2003, nell’ambito dell’unita’ previsionale di base di parte
corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno
2001, allo scopo utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo
Ministero.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi’ 26 marzo 2001

CIAMPI

Amato, Presidente del Consiglio dei
Ministri
Fassino, Ministro della giustizia
Bianco, Ministro dell’interno
Mattarella, Ministro della difesa
Visto, il Guardasigilli: Fassino
LAVORI PREPARATORI

Camera dei deputati (atto n. 465):
Presentato dall’on. Simeone il 9 maggio 1996.
Assegnato alla II commissione (Giustizia), in sede
referente, il 15 luglio 1996, con pareri delle commissioni,
I, IV, V e comitato per la legislazione.
Esaminato dalla II commissione il 27 e 28 luglio 1999,
il 7 settembre 1999, l’8, 15, 16, 17, 22, 23, 24 febbraio
2000.
Esaminato in aula il 18 gennaio 1999, il 28 febbraio
2000, il 23 marzo 2000, il 23, 24 gennaio 2001 e approvato
il 25 gennaio 2001, in un testo unificato con gli atti n.
2925 (Pisapia), n. 3410 (Siniscalchi ed altri), n. 5417
(Foti ed altri), n. 5666 (Soda ed altri), n. 5840 (Neri ed
altri), n. 5925 (disegno di legge di iniziativa del
Governo), n. 5929 (Fratta Pasini), n. 6321 (Veltri), n.
6336 (Gambale ed altri), n. 6381 (Saraceni).

Senato della Repubblica (atto n. 4963):
Assegnato alla 2a commissione (Giustizia), in sede
deliberante, il 2 febbraio 2001, con pareri delle
commissioni 1a, 4a, 5a, 6a e 9a.
Esaminato dalla 2a commissione il 13, 14 e 21 febbraio
2001.
Nuovamente assegnato alla 2a commissione, in sede
referente, il 21 febbraio 2001.
Esaminato dalla 2a commissione il 21 e 22 febbraio
2001.
Esaminato in aula il lo marzo 2001 ed approvato il
6 marzo 2001.

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