Altre fonti
Piano Sanitario Nazionale 2006 – 2008
Piano sanitario nazionale
2006-2008
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5.3. La non autosufficienza: anziani e disabili
La non autosufficienza è una grande problematica assistenziale, che tenderà ad assorbire
crescenti risorse nell’ambito dei servizi sanitari e socio-sanitari. E’ pertanto, fondamentale
attuare sistematici interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, tramite interventi
in grado di affrontare la molteplicità dei fattori che concorrono a determinare e ad aggravare la
situazione di non autosufficienza, Altrettanto basilare è il rafforzamento delle reti assistenziali,
con una forte integrazione dei servizi sanitari e sociali.
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I Disabili
Nell’analizzare gli interventi e le politiche da attuare per l’integrazione dei servizi di cura per
le persone diversamente abili, non si può prescindere dal contributo fortemente innovativo,
apportato dalla riflessione internazionale in questo campo, concretizzatosi nella
“Classificazione internazionale del funzionamento, disabilità e salute (ICF)”. L’approccio, che
è alla base dell’ICF, amplia grandemente il campo di azione degli interventi da porre in essere
per una più piena integrazione delle persone affette da disabilità, mettendo in risalto la
responsabilità condivisa delle varie istituzioni (istruzione, sanità, lavoro, enti locali, etc) per il
miglior inserimento o reinserimento nel contesto familiare, lavorativo, relazionale e sociale di
questi pazienti.
In questa visione è ribadita la centralità dell’individuo nei processi assistenziali e sanitari, cui
devono essere garantiti i Livelli Essenziali di Assistenza, eliminando le disuguaglianze che
ancora caratterizzano l’accesso ai servizi. Conseguente è la necessità (più volte ribadita in
documenti del livello centrale e regionale) che i servizi e gli operatori si attivino per
rispondere in maniera coordinata e continuativa alla molteplicità dei bisogni espressi, in un
sistema di interrelazioni che costituiscono la rete integrata per le disabilità. L’approccio da
seguire per il paziente con disabilità è, quindi, il coordinamento delle attività
multiprofessionali e multidisciplinari, che analizzi tutti gli aspetti della persona in relazione ai
bisogni causati dall’evento lesivo per la successiva elaborazione di un programma
individualizzato di riabilitazione, rieducazione e reinserimento sociale, alla cui definizione
partecipa attivamente il paziente con disabilità e la sua famiglia. Nel progetto individuale i
diversi interventi sono integrati e i diversi operatori riconoscono il loro apporto professionale,
per quanto autonomo, facente parte di una strategia più ampia finalizzata al raggiungimento
di obiettivi comuni.
L’impegno del Servizio sanitario nazionale in primo luogo è volto a garantire che l’intervento
riabilitativo sia precoce per ridurre gli esiti invalidanti degli eventi lesivi, facilitando il
recupero di competenze funzionali e/o lo sviluppo di competenze sostitutive Per tale scopo
vanno sviluppati anche in questo settore gli strumenti del governo clinico e della valutazione
della qualità, tramite indicatori di struttura, di processo e di esito, implementando l’utilizzo di
linee guida cliniche e di percorsi assistenziali, fondati sui principi della medicina basata sulle
evidenze.
Alla dimissione dell’ospedale il paziente entra nella dimensione riabilitativa territoriale: per
garantire la continuità delle cure soprattutto nel delicato passaggio dall’ospedale al territorio e
dalle strutture territoriali al domicilio, è necessario promuovere e potenziare il coordinamento
delle strutture e dei servizi sanitari che entrano a far parte della rete di riabilitazione in modo
da consentire la presa in carico globale del paziente, l’unitarietà degli interventi, il facile
passaggio da un nodo all’altro della rete.
A questo riguardo vanno previsti percorsi assistenziali anche per la fase di cronicità,
dimensionando i nodi della rete a livello regionale e locale, secondo l’epidemiologia del
territorio. E’ auspicabile che, per migliorare l’integrazione e la comunicazione, si utilizzino
terminologie comuni per individuare i bisogni, gli obiettivi e i risultati degli interventi. A tale
proposito, in considerazione del grande sviluppo in termini di organizzazione, tecnologie,
ricerca, bisogni informativi che il mondo della riabilitazione ha avuto in questi anni, occorre
procedere ad una rielaborazione delle linee guida ministeriali per le attività di riabilitazione,
già approvate con un Accordo Stato-Regioni nell’anno 1998.
Occorre inoltre provvedere ad un aggiornamento del nomenclatore dei presidi protesici ed
ortesici, al fine di adeguare la lista dei dispositivi erogabili e meglio ricollegare l’assistenza
protesica alla più generale assistenza riabilitativa.
L’integrazione territoriale prevede il coinvolgimento della rete assistenziale e di solidarietà
sociale. Importante infatti nel campo della disabilità è il contributo che può essere apportato
dal volontariato e dal privato no profit, per la peculiarità di queste associazioni di rispondere
in modo flessibile ed articolato ai bisogni anche non codificati dei pazienti. E’ inoltre molto
importante l’apporto delle associazioni di familiari e dei gruppi di auto-aiuto, il cui contributo
va ricercato e riconosciuto.
Il programma individualizzato di riabilitazione deve prevedere, inoltre, interventi finalizzati
alla formazione professionale e al reinserimento o inserimento scolastico. Vanno, pertanto,
promossi incontri congiunti tra gli operatori sociosanitari e scolastici per definire percorsi di
integrazione e di orientamento scolastico e con i centri di formazione professionale per
l’inserimento nel mondo del lavoro. L’esercizio del diritto all’istruzione e al lavoro costruisce
infatti il primo passo verso quella piena integrazione sociale, che insieme al raggiungimento e
al mantenimento della massima autonomia costituisce l’obiettivo a cui tutti gli interventi di
riabilitazione sono finalizzati.
A questo proposito, in favore dei disabili gravi, in sinergia con i servizi sociali, è opportuno
promuovere la realizzazione delle condizioni che permettano una vita quanto più
indipendente, che non deve essere necessariamente legata al venir meno del supporto
familiare (il cosiddetto “dopo di noi”), ma può essere preparata con la partecipazione
propositiva della famiglia. E’ possibile ipotizzare soluzioni abitative in residenze di piccole
dimensioni che, pur promuovendo l’autonomia, mantengano il paziente in un contesto
relazionale favorevole.
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