Che cos’è il facilitatore sociale?
Il facilitatore sociale
Ad oggi, in merito alla figura del facilitatore sociale, progetti pilota hanno formato ex utenti della Salute Mentale, utilizzando le loro competenze ed esperienze di pazienti al servizio degli attuali degenti: l’ex utente che diventa operatore per i più gravi resta attualmente la più concreta applicazione della figura in oggetto.
In linea prettamente teorica si può parlare del facilitatore sociale come di una figura specialistica a presidio di generiche attinenze sociali, con il compito di promuovere attività di integrazione, socializzazione e ri-socializzazione.
Agisce nel campo delle emarginazioni contribuendo a restituire alla comunità le persone che ne sono fuoriuscite per svariati motivi, generalmente riconducibili ad un disagio (tossicodipendenza, handicap, sofferenza psichica e pregressi processi curativi di riabilitazione, …), promuovendo i c.d. “diritti di cittadinanza” dell’individuo.
L’ambito nel quale avviene un impiego sperimentale di questa figura è quello dei tirocini formativi e d’orientamento e, soprattutto, dei progetti.
Si riscontrano, nello specifico, interventi progettuali che rispondono ad un bisogno rilevato dalle strutture socio sanitarie e dalle associazioni del Terzo Settore, le quali ricorrono alla figura del facilitatore inquadrandone specificamente i compiti negli ambiti d’azione, e delineando i confini a seconda dell’ambito di impiego delle professionalità cui è affiancato (ASL, Salute mentale, associazioni, …).
Da queste applicazioni e dalle eventuali professionalità sottostanti alla qualifica in oggetto (operatori socio sanitari, OSA, infermieri, medici, volontari di associazioni, familiari, …) si può approssimativamente desumere il profilo della figura del facilitatore e il quadro delle sue attribuzioni.
Non sussistendo albi, il contesto pubblico o privato o libero professionale nel quale si andrà ad inquadrare il soggetto, costituirà il discrimine su cui basare un’analisi specifica della figura professionale.