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Il processo integrativo degli alunni portatori di handicap da quasi trent’anni costituisce una delle marche peculiari della scuola italiana.
Tale esperienza prese avvio nei primi anni ’70 come conseguenza della profonda contestazione rivolta agli istituti e alle strutture emarginanti dove, fino a quel momento, venivano assistiti ed educati i disabili di ogni tipo: la maggior parte delle c.d. “scuole speciali” allora esistenti vennero chiuse e i tutti i soggetti vennero inseriti nelle classi “comuni” degli istituti scolastici.
Le prime esperienze di questo processo avvennero in modo scoordinato e senza progettazione specifica: l’enfasi era posta sulla possibilità, per il bambino handicappato, di stare con gli altri e di partecipare ad ogni attività ed esperienza della scuola, indipendentemente dal raggiungimento di obiettivi significativi in termini di apprendimento.
Nonostante i limiti di queste prime sperimentazioni, la presenza di alunni disabili costrinse gradualmente la scuola a porsi il problema di come gestire la diversità all’interno della classe.
Nei decenni successivi si determinò una consistente evoluzione culturale e concettuale rispetto al tema dell’handicap, accompagnata da un parallelo progresso in termini legislativi: venne superato l’approccio dell’uguaglianza, per cui il bambino handicappato doveva essere il più possibile come gli altri, per assumere l’approccio della diversità come risorsa individuale, per cui ciascun alunno è diverso da tutti gli altri per elementi di storia e di identità, per stili di apprendimento e per capacità comunicative e cognitive.
Opportunamente, con l.360/76 , il legislatore sostituì con il termine “ integrazione ” quello di inserimento nell’ambito scolastico, sociale e legislativo, segnando il passaggio dalla realtà del bambino disabile inserito nella scuola, ma sostanzialmente isolato ed evitato, alla fase in cui ci si impegna attivamente perchè egli sia pienamente integrato nel gruppo dei suoi coetanei, della scuola, del territorio.
Successivamente, con l. 5173/77 venivano dettate le modalità d’integrazione nella scuola elementare e media inferiore , abbandonando ogni riferimento discriminatorio agli alunni disabili in condizioni “di gravità”.
Con il D. M. del 24 aprile 1986 si recepiva il diritto allo studio come diritto ad interventi didattici professionalmente qualificati, con l’introduzione di nuovi programmi di specializzazione polivalente; con la l. 270/82 si crearono gli organici dei posti per attività di sostegno in tutti i gradi della scuola, compresa la materna, ad eccezione di quella superiore, nella quale avvenne solo a seguito della circolare del Ministero dell’Istruzione 262/88, emanata alla luce della sentenza della Corte Costituzionale 215/87 che assicurava la frequenza alle scuole medie superiori.
Al momento attuale l’integrazione di alunni in situazione di handicap nelle scuole normali si può ritenere una realtà diffusa nella cultura e nei valori, un diritto certo sancito da una legislazione che viene considerata comunque all’avanguardia. L’integrazione scolastica è il presupposto dell’ integrazione sociale, alla cui realizzazione deve mirarsi con la partecipazione di tutte le realtà istituzionali e non, dato che la scuola e il periodo scolastico non rappresentano che un segmento nella vita della persona.
La legge 104/92 , legge quadro sull’assistenza, l’integrazione ei diritti delle persone handicappate, che ha recepito i migliori costrutti condensati dalle prime esperienze ad oggi, affronta in maniera organica tutte le problematiche dell’handicap. Ispirata alla prevenzione e alla rimozione delle situazioni e condizioni invalidanti,essa sancisce il diritto all’istruzione e all’educazione nelle sezioni e classi comuni per tutte le persone in situazione di handicap, precisando che “l’esercizio di tale diritto non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all’handicap” (paventando eventualità tutt’altro che paradossali). In particolare per quanto concerne il diritto all’istruzione e all’educazione si vedano gli articoli 12,13, 14, 15,16 e 17 che rappresentano ancora oggi un punto di riferimento fondamentale ( la Legge n. 17 del 28/01/1999 apporta infatti modifiche e integrazioni agli articoli 13 e 16 della Legge quadro 104/92, ma in favore degli studenti universitari iscritti negli atenei italiani) per il raggiungimento della qualità dell’integrazione scolastica e per la definizione del ruolo e delle competenze degli insegnanti di sostegno specializzati. A tal proposito, la Direttiva n. 29 del 21/03/2006 , emanata dal Ministero dell’Istruzione concernente la definizione degli obiettivi formativi assunti come prioritari in materia di formazione e aggiornamento del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario del comparto scuola, per l’anno scolastico 2006/2007 assegna €2.345.745,00 agli Uffici scolastici regionali per la formazione dei docenti specializzati nelle attività di sostegno agli alunni diversamente abili.
Principio ispiratore fondamentale della 104/92 è il riconoscimento del diritto all’istruzione in ogni ordine e grado della scuola, negli asili nido e all’università, rimarcando che l’esercizio di tale diritto non può essere impedito da difficoltà derivanti dalla stessa disabilità: in pratica la disabilità non può essere causa d’esclusione dalla frequenza scolastica.
La diagnosi funzionale
Con D.P.R. 24 febbraio 1994 “Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle Unità Sanitarie Locali in materia di alunni portatori di handicap” sono stati delineati i compiti propri delle Aziende U.S.L. in attuazione degli artt. 12 e 13 della legge 104/92. In particolare, le Aziende U.S.L. devono assicurare l’intervento medico e clinico-psicologico per gli alunni in situazione di handicap da articolarsi attraverso la compilazione di una diagnosi funzionale , condotta con uniformità di procedure ed interventi sul territorio nazionale, di un profilo dinamico-funzionale e di un piano educativo individualizzato, per quanto di competenza (art. 1 del D.P R. 24 febbraio 1994).
L’integrazione scolastica nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nella formazione professionale, fondata sul raccordo degli interventi di Enti locali, servizi sanitari, servizi socio-assistenziali, scuola, centri formativi, privato sociale, si realizza attraverso gli accordi di programma – richiamati dalla legge 104/92, art. 13, comma 1 a) e dal decreto del Ministero della Pubblica Istruzione 9 luglio 1992 “indirizzi per la stipula degli accordi di programma ai sensi dell’art. 13 della legge-quadro 3 febbraio 1992, n. 104, sull’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” – che rappresentano un sistema di riferimento uniforme per i vari livelli territoriali.
II coordinamento dell’intervento di integrazione scolastica spetta alla scuola, la quale valuterà in base alla propria organizzazione le necessità derivate dall’integrazione stessa e discuterà con la famiglia e con tutte le altre componenti istituzionali i tempi e le modalità differenziate di apprendimento concorrendo a rimuovere eventuali difficoltà di ordine extrascolastico, ed evitando comunque, situazioni di espulsione o “parcheggio”.
Alla segnalazione dell’alunno provvedono i genitori, sollecitati anche dal pediatra/medico di base oppure dalla scuola e dai centri di formazione professionale.
La segnalazione perviene ai competenti servizi della U.S.L., su eventuale indicazione del pediatra/medico di base che indirizza i genitori allo specialista nella patologia e/o allo psicologo esperto nell’età evolutiva, in servizio presso le UU.SS.LL. o in regime di convenzione con le medesime.
I tempi relativi alla segnalazione saranno stabiliti in sede locale da accordi interistituzionali specifici che terranno conto delle scadenze ministeriali stabilite per le iscrizioni.
Entro 10 giorni dalla segnalazione, il servizio che l’ha accolta avvia l’iter diagnostico attraverso una prima presa in carico dell’alunno (anamnesi, primo colloquio), ed avvisa la direzione generale dell’U.S.L. dell’attivazione della procedura di individuazione dell’alunno in situazione di handicap.
A seguito della diagnosi clinica l’operatore valuta se il soggetto, rientrando nella definizione citata all’art. 3. primo comma, della legge 104/92, ha diritto ad accedere agli interventi previsti dalla normativa vigente per gli alunni in situazione di handicap. In caso affermativo, convoca i genitori, illustra l’esito diagnostico e chiede loro la compilazione di un modulo per accettare che attraverso l’individuazione venga attivata la procedura di integrazione scolastica.
Anche qualora il soggetto non abbia diritto agli interventi di cui alla vigente normativa in materia di educazione, istruzione ed integrazione scolastica, sono opportuni, comunque, una valutazione sull’esistenza del diritto ad altri interventi previsti, dalla legge ed una collaborazione con la scuola ed i centri di formazione professionale.
Presso ogni U.S.L. sono nominati uno o più referenti amministrativi, ai quali è attribuita la responsabilità del procedimento e con il compito di attivare, convocare, coordinare e riunire le unità multidisciplinari nel rispetto dei tempi previsti dagli accordi interistituzionali. Il referente amministrativo entro 13 giorni dal ricevimento dell’individuazione deve convocare l’unità multidisciplinare.
II pediatra/medico di base dell’alunno deve essere informato e possibilmente coinvolto all’interno dell’unità multidisciplinare.
L’unità multidisciplinare, acquisiti gli atti dovuti – tra i quali la diagnosi clinica – formula la diagnosi funzionale, che sarà consegnata alla famiglia ed individua al suo interno un operatore quale referente del caso per l’unità multidisciplinare stessa, per la famiglia, per la scuola, per i centri di formazione, professionale. Il referente del caso potrà essere scelto in relazione all’intervento terapeutico prevalente.
Il profilo dinamico funzionale è atto successivo alla diagnosi funzionale ed indica, dopo un primo periodo di inserimento scolastico, il prevedibile livello di sviluppo che l’alunno in situazione di handicap dimostra di possedere in tempi brevi ed in tempi lunghi.
Il profilo dinamico funzionale sarà redatto in almeno due momenti nel corso dello stesso anno scolastico: un incontro per la stesura ed uno per la verifica. Esso, inoltre, sarà aggiornato al passaggio tra un ordine di scuola ed il successivo e dopo il biennio della scuola media superiore, nonché nell’inserimento nei centri di formazione professionale. Potrà, inoltre, essere aggiornato, ogni volta che l’équipe lo reputi necessario e nel passaggio dalla seconda alla terza elementare.
Il profilo dinamico funzionale descrive in modo analitico i diversi livelli di risposta dell’alunno in situazione di handicap in relazione allo sviluppo potenziale ed alle difficoltà che dimostra. Esso è la descrizione puntuale dell’alunno e si configura quale momento di riflessione del gruppo che lo elabora, fornendo il quadro globale dell’evoluzione e del percorso che operatori ed insegnanti compiono nel suo interesse e costituendo al contempo una guida per la progettazione dell’intervento tracciata sui bisogni dell’alunno e sulle sue risorse.
Infine, il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.) è redatto congiuntamente dal referente del caso, dagli insegnanti di sostegno della scuola e dei centri di formazione professionale in collaborazione con i genitori. Il P.E.I. è redatto annualmente e tiene presente i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione, nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche.
Il gruppo di lavoro individuato per la stesura dei profilo dinamico funzionale e del P.E.I. deve operare nell’ottica di una maturazione il più possibile armonica e completa del bambino, considerato nella totalità della sua persona e nei differenti momenti della sua vita, di cui la scuola è momento fondamentale ma non esclusivo.
Dr. Matteo Mancini
Informarecomunicando – Centro d’informazione per la disabilità.
UILDM Sez. Pisa